Milioni di persone soffrono perché una minoranza di loro simili (i controllori delle varie élite che governano il mondo) agisce nella convinzione che Dio non esista e non crede che ci siano una beatitudine o una dannazione dopo la morte. In pratica, esalato l’ultimo respiro, non c’è più nulla, finito tutto; e chi s’è visto s’è visto.
Un simile modo di pensare ha una sola conseguenza: prendere a qualunque costo tutto ciò che mi fa stare bene, mi aggrada, qui sulla Terra. Quanto al prossimo, agli altri, se mi servono, li uso; altrimenti possono anche morire.
Il lettore si guardi attorno e individuerà facilmente più di una persona, tra i suoi conoscenti, che rispecchia questo tipo di mentalità.
L’assenza di Dio è alla base delle sciagure che affliggono l’umanità.
L’Occidente è in crisi perché ha dimenticato le proprie origini e i valori giudaico cristiani sui quali ha costruito la propria storia.
Non parliamo poi dell’Europa che è lo specchio della degenerazione, se non del rinnegamento di quei valori. Un continente che avrebbe dovuto unirsi innanzi tutto politicamente e che invece s’è ridotto ad essere una fragile organizzazione frutto di una rozza commistione tra illuminismo francese ed economicismo neoliberale di stampo anglosassone.
Il 22 Settembre 2011 Benedetto XVI, parlando al Parlamento tedesco, sottolineava come «la cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma, dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa.
Nella consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico».
Parole disperse al vento, come quelle di san Giovanni Paolo II, all’assemblea del Parlamento europeo a Strasburgo l’11 Ottobre 2018 quando affermava che «dopo circa due millenni, l’Europa offre un esempio molto significativo della fecondità culturale del cristianesimo che, per sua natura, non può essere relegato alla sfera privata.
Il cristianesimo, infatti, ha vocazione di professione pubblica e di presenza attiva in tutti gli ambiti della vita.
Il mio dovere è anche quello di sottolineare con forza che se il sostrato religioso e cristiano di questo continente dovesse essere emarginato dal suo ruolo di ispirazione dell’etica e dalla sua efficacia sociale, non è soltanto tutta l’eredità del passato che verrebbe negata, ma è ancora un avvenire dell’uomo europeo – parlo di ogni uomo europeo, credente o non credente – che verrebbe gravemente compromesso».
Insomma è fallita l’Europa ridotta ad euro e negatrice delle istanze di popoli portatori di una civiltà e di una cultura dall’impronta cristiana.
Il futuro non è roseo. O, come estremo tentativo, si riprende velocemente la via tracciata dai padri fondatori De Gasperi, Schumann, Adenauer, o, al termine dell’agonia già iniziata, l’Europa defunge.
Ecco perché sarà importante, nella scelta dei futuri candidati al Parlamento europeo, identificare persone culturalmente elevate, professionalmente qualificate, eticamente strutturate e soprattutto in grado di contrastare il criminale progetto partorito a Davos.
I credenti si devono mobilitare per indurre le segreterie dei vari partiti a presentare candidati con curriculum trasparenti e chiari che confermino un’adesione convinta ad una visione della vita improntata alla legge naturale.
Anche i vari episcopati sono chiamati a fare la loro parte e a dare inequivocabili segnali che, nonostante differenti posizioni, il Kerigma non è in discussione. La proclamazione della salvezza come inizio del regno di Dio, che si realizza attraverso la parola del Cristo, è l’insostituibile compito della Chiesa.
Chi ha orecchie per intendere, intenda.